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Il lavoro nello spettacolo ancora una volta disprezzato da chi dovrebbe difenderlo.

scritto da contentmanager il 12 giugno 2015

Dal 1 gennaio 2015 gli adempimenti contributivi per il settore spettacolo sono stati definitivamente trasferiti dall’Enpals all’INPS. Tuttavia, il sistema flussi informatici dell’INPS ad oggi non è ancora in grado di elaborare le denunce UNIEMENS con i tutti i dati dei lavoratori dello spettacolo. Di conseguenza, la maggior parte delle aziende dello spettacolo non risulta in regola con le denunce proprio a causa dell’inadeguatezza dello stesso sistema informatico INPS.

Questo disservizio comporta gravi conseguenze sia per le aziende che per i lavoratori. Per le aziende comporta DURC interno negativo, con conseguente perdita di benefici contributivi oltre che problemi finanziari dovuti all’impossibilità di incassare dai clienti; per i lavoratori comporta l’assenza di dati contributivi negli archivi INPS con conseguente impossibilità di accedere alla NASPI o addirittura di andare in pensione. Non bastasse questo disservizio, con il messaggio 3575 diffuso il 27 maggio 2015, l’INPS ha comunicato che dal 1 giugno (quindi solo tre giorni dopo l’avviso) sarebbero cambiate radicalmente le modalità di richiesta agibilità, il documento indispensabile per ogni attività di spettacolo. Il messaggio prevede che un datore di lavoro, per il quale rimane sia l’obbligo sia la responsabilità dell’adempimento, possa abilitare i singoli lavoratori a effettuare la richiesta di agibilità per sé stessi, previo rilascio di una specifica delega e di una dichiarazione di responsabilità che va presentata all’INPS. L’idea è buona: serve a snellire le procedure e assicura la “messa in regola” del lavoratore. Il problema è che, ancora una volta, il sito dell’INPS non è pronto. Ergo, dal 1 giugno ci sono migliaia di lavoratori che rischiano di non andare a lavorare perché non hanno il certificato di agibilità per colpa dell’INPS, o che accettano di lavorare “in nero” perché in questo settore “the show must go on”. Non si possono cancellare il teatro, la musica, la danza e lo spettacolo dal vivo tanto atteso per colpa dell’incompetenza e arroganza di qualche funzionario. Ancora più paradossale è la situazione dei lavoratori dello spettacolo intermittenti, per i quali il certificato di agibilità sostituisce la comunicazione preventiva alla DTL. Senza certificato di agibilità, il datore di lavoro che retribuisce in busta paga un intermittente, senza comunicarlo preventivamente, rischia 800,00 € di sanzione (più onerosa della sanzione per il lavoro “nero”). L’INPS non risponde alle numerose richieste di spiegazioni per il blocco delle agibilità: potremmo ipotizzare che, poiché la richiesta del certificato è subordinata alla regolarità di tutti gli adempimenti contributivi, il sistema blocchi le richieste di agibilità proprio a causa del disservizio dello stesso INPS!

L’INPS, dopo aver incamerato milioni di utili della gestione Enpals, sta dimostrando ancora una volta la totale mancanza di rispetto per il lavoro dello spettacolo, decidendo di cambiare procedure in tre giorni senza testarne la validità e costringendo il settore alla paralisi, a costi burocratici insostenibili, e impedendo di fatto ai lavoratori di accedere a disoccupazione, malattia, maternità.

L’INPS deve rispettare i diritti dei lavoratori dello spettacolo, perché uno Stato che dichiara a parole di onorare l’arte ma dimentica di difendere gli artisti tradisce la sua storia oltre che i diritti dei lavoratori di oggi, costringendoli a cambiare lavoro – rinunciando così ai propri talenti dopo anni di studio -oppure a emigrare in paesi dove l’arte è davvero valorizzata: “Il vigore e la vitalità della creazione artistica dipendono soprattutto dal benessere materiale e intellettuale degli artisti in quanto individui e in quanto collettività” (Commissione cultura del Parlamento Europeo, nella relazione approvata il 25 febbraio 1999): Ci viene il dubbio che il fine di questo arrogante disprezzo per il settore sia quello di estendere l’applicazione deivoucher a tutte le attività di spettacolo, disconoscendone il valore economico e sociale, ma incassando al contempo milioni di contributi per prestazioni che artisti e tecnici dello spettacolo non  vedranno mai.

Fonte: Tavolo Legalità e Sicurezza nello Spettacolo

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